Dobbiamo cominciare a smantellare miti…
Ah, chi sono io, che sto inveendo contro i miti?
Sono semplicemente un “PensAttore”. Il mio nome era Valter Casini.
Vivo nel 2123.
Il 2123 non è un bel mondo. è un mondo buio, crudo… ma non posso descrivervelo perché non ci credereste. E continuereste nella strada che avete intrapreso. Così quel mondo si realizzerà davvero. Un mondo assurdo generato da una assurda voglia di recessione, invece che da una voglia di sviluppo.
Il mio compito è quello di raccontare la storia delle cose che accadranno…
E rivelare le idee che hanno guidato l’accadere dei fatti. Racconterò l’assurdità di queste idee perché vi convinciate che i fatti non sono accaduti per caso, ma sono stati frutto del credere in idee assurde. E poi nel praticarle.
La mia speranza è che buttiate a mare subito queste idee. E ne costruirete altre. In modo che le cose che sono accadute (per voi: le cose che dovranno accadere) non accadano più…
Il primo mito è costituito dalla Cultura. E dalle politiche e dalle idee che per/su essa sono state costruite. E’ necessario cambiare idee perché possano cambiare le politiche. Così gli eventi che stanno accadendo non accadranno…
All’inizio del terzo millennio si era diffusa una dottrina economica che suonava più o meno così:
poiché siamo in una economia sempre più competitiva è necessario investire in formazione, ricerca e infrastrutture che sono alla base dello sviluppo della cultura e della conoscenza.
Per far questo è necessario ridurre le spese correnti degli Stati perché così sarà possibile avere risorse per scuola, ricerca e infrastrutture.
Come si riduce la spesa corrente? Ad esempio non facendo crescere il costo del lavoro.
Di fronte a questa proposta si scatenò il finimondo. Ma un finimondo stranissimo: dove le due parti in conflitto condividevano le stesse idee di fondo. Mentre sarebbe stato necessario cambiare proprio quelle.
(un pò come quando nel duemila pensavate di cambiare la politica senza cambiare i politici).
La comune idea di fondo era la seguente: le risorse disponibili sono finite e costanti; se le acquisisce qualcuno non le acquisisce qualcun altro.
Se le spendiamo da una parte non possiamo spenderle da un’altra.
Partendo da questo principio fu inevitabile che si generassero i conflitti che state vivendo e che anche io con voi ho vissuto. Infatti, queste risorse costanti dovevano essere distribuite. Ma non ci si metteva d’accordo sul criterio. C’era che proponeva che fossero distribuite in base al merito e chi invece in base al bisogno.
Insomma un conflitto tra libertà e giustizia.
Questa diatriba divenne così violenta che si spesero tutte le energie e le risorse nella battaglia tra due ideologie. Dimenticandosi di guardare da qualche altra parte che permettesse di ottenere ambedue gli obiettivi (la libertà e la giustizia).
Io dico che è stata quella battaglia ideologica che ha messo una solidissima prima pietra alla edificazione di un futuro di Recessione, l’unica vera infrastruttura sulla quale si sono impegnati tutti assieme.
Ora già il fatto di essere costretti a combattere tra libertà e giustizia (cioé tra due valori forti e irrinunciabili) doveva essere un segnale sufficiente a capire che c’era qualcosa che non andava.
Ma, poi, si poteva anche comprendere l’assurdità di quello che stava accadendo solo facendo considerazioni più terra terra. Contaminando le ideologie.
Supponiamo che l’obiettivo fosse stato quello di rilanciare la produzione e uscire dalla recessione. Che senso aveva ridurre le risorse disponibili ai consumatori? Riducendo le risorse disponibili per il consumo chi avrebbe comprato i nuovi prodotti che la ricerca (fatta dagli uomini che la scuola ha formato) ha immaginato e che infrastrutture avanzate permettono di comunicare e distribuire?
Permettetemi anche di aggiungere una osservazione di carattere etico. Anche quando si immagina una soluzione che sembra funzionare occorrerebbe attivare un Filtro “Etico”.
Infatti, è stato dimostrato da tutta la storia che una soluzione fondata sulla ingiustizia non produce risultati di sviluppo. E vi sembra etica una soluzione che dice più o meno questo: il futuro per le nuove generazioni è costruibile solo sulla disperazione delle attuali?
Le osservazioni etiche sono in realtà intuizioni profonde; è evidente che i costi per la conoscenza e i conoscenti devono essere considerati un investimento.
Vista da qui la risposta è ” perché di un investimento non sapevamo valutarne i ritorni in Conoscenza…”.
Ecco abbiamo introdotto la parola chiave: “conoscenza”.
E’ questa parola che ci può permettere di costruire un futuro di sviluppo.
Essa ci permette di buttare a mare il principio che sostiene le due Scuole di Pensiero (sbagliato) colpevoli di aver scatenato il conflitto ideologico che ha impoverito il futuro.
Quello che dice che le risorse sono finite e costanti, e che, poi, continua dicendo che se queste risorse le si dà a qualcuno non si può più darle a qualcun altro.
Ecco questo principio vale per il ferro. Non vale ad esempio per il software. Perché se qualcuno lo possiede e lo dà ad un altro, non per questo se ne priva. Anzi può ragionevolmente sperare che dall’uso di un altro ne nascano miglioramenti.
Vale ancora meno per la conoscenza. Essa è generata soprattutto dallo scambiarla! Voglio dire che se qualcuno ha un’idea e la “cede” deve raccontarla. E, nel raccontarla, la trasforma e l’arricchisce. Almeno perché utilizza un linguaggio ed ha in mente un interlocutore!
Allora proviamo a immaginare un’economia fondata sulla conoscenza…
E’ completamente diversa… Non voglio descriverla teoricamente, da noi nel 2123 le cose si descrivono applicativamente.
Come risolvere la vostra crisi strutturale? Semplicemente battendo la Moneta della Conoscenza (Knowledge Coin)! Ed usandola, liberamente ed abbondantemente.
La moneta di ferro (mi pare che da voi si chiami euro), che da noi non esiste più, va utilizzata per investimenti in ricerca, scuole, servizi e infrastrutture e per incrementare i consumi. Bisogna poi aumentare il debito pubblico, che da noi nel 2123 di chiama investire.
Da noi la parola spesa non esiste più; le spese sono diventate investimenti. Esiste una sola moneta in tutto il mondo del 2123, non esistono più le banche e i più forti sono quelli che sono tanti e non quelli che hanno tanto. Avrete capito che il mondo in cui vivo nel 2123 è un mondo dove in tanti siamo forti. E’ una conseguenza, non una abilità.
Bisogna poi azzerare le tasse con la moneta battuta con l’incremento del debito pubblico; e poi aumentare le retribuzioni. Per aumentare i consumi.
E l’inflazione? Nel 2123 queta parola non esiste.
Nell’economia del ferro accade che battendo moneta si genera inflazione. Infatti nell’economia del ferro, il ferro è una certa quantità. E il valore complessivo della moneta è legato a questa quantità.
Nell’economia della conoscenza, la conoscenza non è una certa quantità numerica ma è una quantità “potenziale” che, quando la si vuole “attualizzare” (scambiandola), si scopre che continuamente cresce. Più la si scambia più cresce. E’ per questo che noi non parliamo più in economia di quantità ma di Potenzialità.
Insomma occorre attivare una economia fondata sul fatto che quando si spende si usa una moneta che è legata ad una quantità che automaticamente cresce (potenzialità). Questo accade per la conoscenza, non accadeva per il ferro. Ed allora occorre cominciare ad accettare che stiamo entrando in una società che moltiplicando la conoscenza disponibile moltiplica anche le risorse utilizzabili.
Timidamente nel terzo millennio ci avevamo provato, ad esempio, nei mercati finanziari. Dove il valore dei titoli è ufficialmente legato agli scambi di quei titoli e non al valore del “ferro” delle imprese che, in ultima istanza rappresentano.
Lo avevamo attuato più completamente nella new economy, dove si era cominciato a riconoscere valore alla conoscenza. E si era costruito valore per tutti. Poi ci si è spaventati. E si tornati a guardare al ferro delle imprese. Valutando queste imprese in termini di ferro… ecco il loro valore è scomparso! Erano nate per produrre conoscenza, non ferro.
Il ferro non c’era perché non doveva esserci.
Ma non abbiamo avuto il coraggio di accettare questa realtà. Ed allora è partita quella assurda distruzione di tutto. Che poi è finita (come accade sempre quando è necessario scegliere chi deve perdere) per penalizzare i più deboli.
Se di quella economia si fosse riusciti a valutare quelli che si definiscono gli asset intangibili, si sarebbe dovuto addirittura aumentare il valore di quelle imprese che ad un certo punto sono apparse sopravvalutate.
Pensate che da noi nel 2123 le azioni si vendono in libreria.
Se si può fare un appunto alla new economy è che ha prodotto conoscenza un pò scontata e provinciale. Non che non ha prodotto ferro!
Ricordo che però, nel terzo millennio, ad un certo punto il bisogno di conoscenza, della sua permeanza, del suo odore, della sua trasversalità generazionale, della sua areità divenne così forte che nell’unica città eterna del mondo, Roma, recuperarono una fabbrica di gas e la usarono per produrre conoscenza.
Mica male l’idea. Mi sa che deve essere stata di uno bravo.
Ma sono passati troppi anni e da qui non riesco a vedere come andò a finire. Me lo racconterete voi. Ne ho potuto fare nulla per quel posto (mi pare si chiamasse Mercati Generali), perché ora io i vivo nel 2123.
Purtroppo mi è dato di parlare al vostro presente, ma non di agirvi.